Glossario
Tecnica pittorica che consiste nell’utilizzare la pittura su intonaco ancora fresco (a fresco). I colori vengono fissati non dalla loro penetrazione nella porosità della parete agevolata dall’intonaco umido, come talvolta erroneamente è stato detto, ma dalla reazione chimica tra la calce spenta, contenuta nell’intonaco, e l’anidride carbonica dell’atmosfera, che dà luogo ad una sottile pellicola di carbonato di calcio, la quale fissa i colori in maniera permanente. Si tratta di una tecnica molto antica, nota già agli Egizi e in oriente. In ambito mediterraneo questa tecnica raggiunge la perfezione proprio durante l’impero romano.
Alba Docilia
E’ l’antico nome di Albisola. Si tratta di un toponimo di epoca classica formato dalla base ligure-romana albai, ossia “città” e dal gentilizio Docilius di probabile origine celtica. Albisola è citata col nome di Alba Docilia nella Tabula Peutingeriana, la famosa carta itineraria (una vera e propria “carta stradale” dell’impero romano) giunta fino a noi in una copia di epoca medievale.
Questo termine indica il marchio che l’artigiano imprimeva sul recipiente da lui prodotto, inscritto all’interno di un piccolo spazio a forma di pianta di piede: tale pratica generava un gioco di parole tra l’immagine stessa e la posizione in cui veniva impressa ossia il centro del fondo del recipiente, in corrispondenza del piede di appoggio.
Capitello
Elemento architettonico che costituisce la parte terminale di una struttura di sostegno ad andamento verticale (come ad esempio una colonna, un pilastro), con funzione di collegamento fra tale struttura e quelle sovrastanti (ad esempio un architrave).
Questo termine in archeologia indica una forma di insediamento su alture, anche in assenza di evidenti strutture di fortificazione, risalenti all’età del Bronzo e all’età del Ferro
Cubiculum (plurale, cubicula)
Termine latino (derivato dal verbo cubare, ossia giacere), che, nella casa romana, indicava una camera dalle dimensioni contenute destinata al riposo.
Domus
Termine latino che indicava la casa in quanto edificio adibito ad abitazione privata patrizia situata in città.
Embrice
Vedi la voce “tegolone”.
Fitomorfo
Che ha la forma o l’aspetto di elemento vegetale.
Garum
Con questa parola i romani chiamavano un prodotto alimentare da loro amatissimo e molto usato nella preparazione di pietanze. Si trattava di una sorta di salsa di pesce. Si preparava con le interiora e gli scarti di pesce a cui si aggiungevano pezzi di pesce o pesci minuti. Il composto veniva fatto fermentare al sole e successivamente veniva filtrato. La parte liquida ottenuta era il garum. Era un prodotto molto costoso, assai diffuso e prodotto in varie zone dell’impero. Veniva conservato e trasportato in anfore.
Parola latina derivata dal verbo greco ὑποκαίω ossia “accendere un fuoco sotto”. In epoca romana indicava l’impianto di riscaldamento per gli ambienti delle case e delle terme e consisteva nel far circolare aria calda sia sotto i pavimenti, all’interno di condotte e camere d’aria sostenute da colonnine (suspensurae), sia nelle pareti, attraverso mattoni cavi. L’aria calda era generata dalla presenza di un fuoco in un apposito forno o focolare.
Parola latina che indica lo spazio a cielo aperto, all’interno delle villae e delle domus romane, adibito alla raccolta dell’acqua piovana. Di forma quadrata o rettangolare e a fondo piatto, era costituito da una vasca bassa in pietra o marmo o da una superficie ribassata rispetto al piano di calpestio; l’impluvium era dotato di canalizzazioni interrate per il deflusso delle acque all’esterno o per convogliarle dove utile.
Tipico esempio di atrio con impluvium: l’apertura nel tetto si trova in diretta corrispondenza della vasca incassata nel pavimento (Pompei, casa Sannitica)i
Krysmon
Termine greco antico che indica il monogramma (insieme di più lettere dell’alfabeto fuse in un unico segno grafico) delle prime due lettere del nome di Cristo, ossia Χ e Ρ.
Elemento architettonico che consiste in un pilastro leggermente aggettante dal muro in funzione sia di scandire una parete in corrispondenza con un colonnato, sia di creare una partizione decorativa. Inserita in un ordine architettonico prende gli elementi e le proporzioni della colonna, base, fusto, capitello.
Mansio (plurale, mansiones)
Termine latino che indicava un luogo pubblico di sosta e di pernottamento. Le mansiones si trovavano lungo le vie di comunicazione più importanti e fornivano vari servizi a chi vi stazionava, come ad esempio stalle, scuderie, rimesse. La mansio, spesso di grandi dimensioni, poteva includere anche un centro termale. In età imperiale le mansiones, edificate a distanze regolari l’una dall’altra, erano gestite dal governo centrale.
Il sistema di produzione a matrice prevedeva la realizzazione di due parti del corpo, la base e il disco superiore, attraverso la stesura a mano dell’argilla all’interno di due stampi che ne riproducevano la forma e talvolta le decorazioni in negativo. Le due parti venivano unite per creare il contenitore completo; una volta asciugato, esso veniva prelevato dalla matrice, rifinito e cotto. Potevano essere fabbricate con questa tecnica anche le lucerne in bronzo.
Termine latino che deriva dal greco οἶκος, si usa per designare una sala di rappresentanza di grandi dimensioni presente nelle più ricche residenze romane.
Tecnica compositiva di pavimenti o rivestimenti parietali ottenuta dall’accostamento di pezzi di marmo, pietra o litoide tagliati in piccole lastre disposte a formare motivi ornamentali semplici o elaborati per contrasto cromatico.
Il palombino è un tipo di pietra, nello specifico, un calcare sedimentario fossilifero, ben noto nell’antichità, di colore biancastro o azzurrognolo.
Era la parte della villa formata generalmente da un ampio spazio aperto di forma quadrangolare che costituiva, con gli annessi che vi si affacciavano, un polo commerciale e manifatturiero, con magazzini, empori, il mercato e i luoghi di ricovero per gli animali.
All’interno di una villa, era la zona esclusivamente dedicata all’uso residenziale, riservato agli ambienti in cui vivevano il gestore (o il proprietario) e la sua famiglia. Era formata da una serie di stanze con varie funzioni: ambienti per accogliere gli ospiti, camere da letto, sale da pranzo. Apparteneva alla pars urbana anche il peristilium e l’impluvium.
Peristylium (plurale, peristylia)
Termine latino che indicava, nelle villae e domus di epoca romana, il colonnato che circonda uno spazio aperto di forma generalmente rettangolare o quadrata.
Piscina calida
Nell’ambito dei complessi termali, pubblici o privati, era una piscina, di dimensioni anche ragguardevoli, contenente acqua calda. Il processo di trasmissione del calore all’acqua poteva avvenire, a seconda delle dimensioni della vasca, tramite differenti sistemi anche in combinazione tra loro: caldaia esterna alla vasca collegata ad essa tramite apposite condotte, riscaldamento tramite circolazione di aria calda attraverso l’hypocaustum, riscaldamento tramite samovar. La fonte di calore era, naturalmente, sempre un’azione di fuoco che avveniva in luoghi specificamente progettati allo scopo.
Regio IX
Con questo termine latino si indica una delle undici regiones (plurale di regio) in cui venne suddiviso il territorio dell’odierna penisola italiana dall’imperatore Augusto, nell’ambito della sua vasta e complessa opera di riordino politico, sociale e amministrativo successiva alle guerre civili. La Regio IX, includendo il territorio dell’odierna Liguria, si estendeva dal fiume Magra, a est, al fiume Varo a ovest fino alla zona compresa, a nord, tra Appennini e fiume Po.
Pezzi di marmo, pietra o litoide ritagliati secondo necessità, utilizzati per la realizzazione di pavimenti e rivestimenti secondo la tecnica dell’opus sectile (vedi).
Strigile
Strumento di bronzo o di ferro usato nell’antichità per detergere il corpo dal sudore e dall’olio, dopo il bagno o gli esercizi ginnici, costituito da un manico diritto e da una parte terminale ricurva e concava che veniva passata sulle membra.
Dal termine latino tablinum, nelle villae e nelle domus romane era l’ambiente di rappresentanza in cui venivano ricevuti gli ospiti. Era sovente posto tra l’atrio e il peristilio e in origine conteneva il letto matrimoniale.
Detto più propriamente embrice, tutt’ora esistente ed usato in edilizia, è il tipo di laterizio usato nelle coperture a tetto fin dall’età preromana. È indicato anche con il nome di tegola piana, ed è costituito da una lastra a forma trapezoidale o rettangolare, con gli orli dei due lati obliqui o dei lati lunghi rialzati (alette). Si dispongono di piatto in file parallele secondo l’inclinazione del tetto, in modo che i lati minori si sovrappongano tra loro consecutivamente; sui giunti, costituiti dall’accostamento degli orli laterali rialzati, si dispongono file di canali, chiamati anche coppi o tegole curve, analogamente sovrapposti.
Questo termine, coniato dagli archeologi, indica una varietà di ceramiche antiche ellenistiche, italiche e delle province romane, assai diffuse in tutto il Mediterraneo antico, a seconda delle varie tipologie, dal II secolo a.C. al V secolo d.C. La ceramica denominata terra sigillata si caratterizza per alcuni fattori fondamentali:
- Il vasellame in terra sigillata includeva forme come crateri, tazze, piatti e coppe, brocche, raramente anche lucerne, in grande varietà ed evoluzione di sagome. Si trattava di ceramica destinata alla mensa ed era un prodotto costoso, si potrebbe paragonare al “servizio buono” dei giorni nostri.
- Il materiale con cui erano fabbricati i recipienti era una argilla fine e depurata, non grezza, ottenuta attraverso accurati procedimenti da parte di artigiani molto abili. A seconda dell’area geografica di provenienza e dell’epoca, l’argilla variava di colore, dal giallo al rosso-arancio più o meno scuro o chiaro.
- I recipienti in terra sigillata presentano una verniciatura superficiale ottenuta attraverso l’immersione del pezzo in una soluzione di argilla depuratissima e acqua. Questo tipo di rivestimento, oltre che ad avere una funzione impermeabilizzante, donava al recipiente una superficie dall’aspetto particolarmente gradevole e uniforme, opaca oppure lucida e brillante. Il processo di cottura in atmosfera ossidante (ossia in presenza di ossigeno) faceva sì che la verniciatura assumesse colori che potevano andare dall’arancio al rosso bruno intenso.
- Le forme potevano essere lisce o decorate con diverse tecniche, prima dell’immersione nella “vernice”. Si potevano avere piccole decorazioni a impressione o a rilievo mediante matrice o con tecnica à la barbotine. Il termine “sigillata” si riferisce alla presenza sia delle piccole decorazioni a rilievo sia del marchio di fabbrica (sigillum) recante il nome dell’artigiano che talvolta poteva comparire, tramite impressione, al centro di piatti e coppe.
Strumento utilizzato per la lavorazione di un manufatto che, posto in rotazione, veniva modellato. Nel caso delle lucerne, il tornio serviva per foggiare il serbatoio della lucerna, mentre il beccuccio e l’ansa venivano applicati manualmente in un secondo momento.
Nelle abitazioni più ricche dell’antica Roma il triclinio (dal termine latino triclinium, a sua volta derivato dal greco antico τρικλίνιον, vocabolo composto da τρι, tre e κλίνη, letto) è la sala da pranzo, in cui erano presenti tre letti disposti su tre lati dell’ambiente a formare una sorta di ferro di cavallo, dove i commensali si adagiavano per mangiare. Per lo più aperti sul peristilio, erano riccamente decorati per rimarcare la ricchezza e la distinzione sociale del proprietario.
Termine latino che indica un edificio esterno alla città riferito sia alla fattoria a carattere agricolo (villa rustica) sia alla lussuosa residenza patrizia per il tempo libero e l’otium. Tra le due tipologie di utilizzo esisteva una vasta gamma di soluzioni intermedie. La più diffusa tra queste era quella che univa in sé l’aspetto tipico della villa rustica, caratterizzata da ambienti disposti intorno ad un grandissimo cortile centrale quadrato o rettangolare e la presenza di uno o più quartieri di rappresentanza e residenziali in cui dimoravano il proprietario, in dominus, e la sua famiglia, o il suo fattore, il vilicus.
Che ha la forma o l’aspetto di animale.
Si tratta di uno dei quattro sistemi ornamentali che caratterizzano, secondo una precisa suddivisione tipologica stabilita dall’archeologo tedesco August Mau (Kiel 1840 – Roma 1909), le pitture parietali di Pompei. Il III stile, riconosciuto come diffuso tra l’ultimo quindicennio del I secolo a.C. e il 62-63 d.C., è anche detto stile ornamentale in quanto predomina il carattere ornamentale sia delle raffigurazioni architettoniche sia di quelle naturalistiche. Si nota una predilezione per la policromia e per l’esecuzione miniaturistica dei dettagli. Il motivo a piccole pitture in finti quadri, tipico del II stile, è ancora molto diffuso.
Si tratta di uno dei quattro sistemi ornamentali che caratterizzano, secondo una precisa suddivisione tipologica stabilita dall’archeologo Tedesco August Mau (Kiel 1840 – Roma 1909), le pitture parietali di Pompei. Il IV stile, detto anche stile fantastico, è datato tra il 35 d. C. e la fine del I sec. d. C. Si tratta dello stile più diffuso a Pompei. La sua caratteristica fondamentale è quella di esprimere una alternanza di rappresentazioni di piani larghi e spaziosi e di raffigurazioni architettoniche prospettiche strette. La rappresentazione di scene all’interno di tali spazi vede l’uso di effetti atmosferici e quasi “impressionistici”, fatti per essere osservati da lontano, e di una minore policromia.