L'apparato decorativo e architettonico
La villa, uno degli emblemi dell’occupazione capillare dei territori romanizzati, è anche espressione dello status sociale del proprietario o gestore, ostentazione della sua ricchezza e del suo potere. Gli ornamenti pittorici e architettonici ne sono, così come l’estensione, lampante manifesto. L’esistenza, ad Alba Docilia, di un ampio e variegato apparato decorativo, finiture accurate e di pregio, raffinati pavimenti e rivestimenti parietali in marmo, mosaici, intonaci dipinti di buon livello artistico, classifica il complesso come uno dei più rilevanti e rende questa villa un unicum nel panorama dei contesti residenziali di epoca romana noti in Liguria.
I reperti riferibili all’apparato decorativo e architettonico della villa purtroppo non sono stati rinvenuti in situ, ossia al loro posto originario, ma in stato frammentario negli strati di terreno, come risultato delle azioni di distruzione avvenute nei secoli; ne sono esempio la realizzazione, a partire dal XV secolo, delle cave di estrazione dell’argilla per la produzione della ceramica e, in epoca recente, le numerose attività agricole. Essi si possono suddividere in diverse grandi tipologie: intonaci dipinti, marmi, stucchi e mosaici. In questa area tematica vengono presi in considerazione alcuni esempi emblematici di reperti per ogni tipologia.
Gli intonaci dipinti
Gli ambienti della villa erano affrescati con grandissimo gusto, come era tipico delle dimore di lusso di epoca imperiale. Il grande assortimento di colori (la gamma cromatica comprende i rossi, i gialli, i neri, i verdi, l’azzurro e il bianco) e di motivi decorativi (riquadri, ornati floreali, finto marmo, motivi architettonici, ripartizioni geometriche, girali, figurine isolate, bordure realizzate con elementi quali cuori, rosette, ghirlande) e l’accuratezza dell’esecuzione mostrano in maniera inequivocabile un programma pittorico vario e ricco. Pur non esistendo regole fisse nella scelta di quest’ultimo, nell’ambito della decorazione parietale di villae e domus di epoca romana imperiale, si riconosce spesso come negli ambienti di collegamento (atrio, corte, peristilio…) si preferiscano schemi pittorici più semplici e ripetitivi, con una limitata variazione di colori; al contrario, gli ambienti di rappresentanza (tablino, tricilnio, oecus) si distinguono per una maggiore ricchezza compositiva e cromatica. I cubicula e in generale gli ambienti legati alla vita domestica possono essere collocati in una posizione intermedia, mentre privi di pitture sono i vani di servizio e gli alloggi destinati ai servi e agli schiavi.
L’apparato decorativo della villa di Albisola, nonostante la maggior parte degli intonaci sia stata rinvenuta decontestualizzata, doveva essere riservato agli spazi residenziali, soprattutto di rappresentanza, al peristilio e agli ambienti termali. E’ pressoché impossibile, a causa della frammentarietà degli intonaci dipinti, comprendere il progetto decorativo complessivo. In alcuni casi, come si vedrà più avanti, è stato possibile riconoscere alcuni motivi ornamentali e proporne la collocazione.
La maggior parte dei lacerti di affresco proviene, in particolare, dagli scavi dell’edificio termale e del peristilio; essi sono stati rinvenuti durante i recuperi di fine Ottocento e durante gli scavi degli anni Settanta del Novecento, indagini purtroppo prive di informazioni dettagliate riguardanti il preciso contesto stratigrafico di rinvenimento, come già messo in evidenza. In base alle caratteristiche stilistiche, appartenenti ai cosiddetti III e IV Stile Pompeiano, un numero considerevole di pezzi recuperati rientra in un arco cronologico piuttosto ristretto, compreso tra il I e la prima metà del II secolo d.C.
INTONACO DIPINTO GIALLO OCRA
Materiale: intonaco dipinto ad affresco
Datazione: I secolo d.C.
Dove si trovano ora: Deposito del Museo della Ceramica Manlio Trucco, Albisola Superiore
Questi frammenti di pittura parietale presentano uno dei colori più diffusi delle decorazioni ad affresco nelle case di epoca romana. Appartenevano quasi sicuramente ad una decorazione a grandi pannelli monocromi che si alternavano con campiture di altro colore. Presentano una superficie levigata e quasi lucida ottenuta stendendo, prima del colore, un sottile strato di intonaco di finitura rosato realizzato con laterizi polverizzati.
INTONACO DIPINTO ROSSO CON FASCE BIANCHE E NERE
Materiale: intonaco dipinto ad affresco
Datazione: I secolo d.C.
Dove si trovano ora: Deposito del Museo della Ceramica Manlio Trucco, Albisola Superiore
I frammenti di intonaco dipinto che vi mostriamo qui si presentano di colore rosso, con bordure bianche e nere, a scandire lo spazio della parete secondo andamenti geometrici a grandi riquadri o a pannelli. A differenza di quelli gialli, questi presentano una superficie molto rugosa, il colore sembra essere stato steso in maniera grossolana e irregolare. Sono ancora visibili sulla superficie le tracce di una sorta di spazzola usata per la rilisciatura. La preparazione di intonaco, formata da ben tre strati, è grossolana e sul retro di alcuni frammenti è possibile ancora notare la presenza di profonde tracce in negativo del supporto murario, lasciate forse da mattoncini o elementi lignei.
INTONACO DIPINTO A BORDURE POLICROME SU FONDO BIANCO
Materiale: intonaco dipinto ad affresco
Datazione: I secolo d.C.
Dove si trovano ora: Deposito del Museo della Ceramica Manlio Trucco, Albisola Superiore
I frammenti di intonaco dipinto che vedete in questa galleria provengono da pareti decorate a fondo bianco con larghe bordure verdi delimitate da strisce più sottili gialle e rosse che si articolavano, ortogonalmente, con un motivo a bordura a giorno rosso scuro. Alcuni frammenti presentano sul retro le impronte lasciate dalla presenza di una sorta di intelaiatura nella parete (di cui proponiamo un disegno ricostruttivo), utile alla stesura della malta, fatta di canne accostate tra loro e legate insieme.
INTONACO DIPINTO CON MOTIVO A MEDAGLIONE
Materiale: intonaco dipinto ad affresco
Datazione: I secolo d.C.
Dove si trovano ora: Deposito del Museo della Ceramica Manlio Trucco, Albisola Superiore
Questo bellissimo frammento di intonaco dipinto presenta un motivo circolare a medaglione, con la guida tracciata a compasso, dipinto di rosso e contornato di bianco, con una rosetta bianca stilizzata al centro, il tutto su un fondo di colore nero riconosciuto anche in altri frammenti di affresco rinvenuti. Questo tipo di decorazione era organizzata in composizioni simmetriche ed era molto diffusa nella pittura romana di epoca imperiale.
INTONACO DIPINTO CON RAFFIGURAZIONE DI UCCELLINO
Materiale: intonaco dipinto ad affresco
Datazione: I secolo d.C.
Dove si trovano ora: Deposito del Museo della Ceramica Manlio Trucco, Albisola Superiore
L’insieme di questi due frammenti di intonaco dipinto, combacianti tra loro, ci restituiscono la più bella figura tra tutte quelle giunte fino a noi attraverso gli affreschi della villa. Si tratta della rappresentazione di un uccellino dalle piume gialle e bianche, stante verso sinistra, leggermente di tre quarti, con capo rivolto a destra. Lo sfondo è completamente nero e le zampe, molto stilizzate, poggiano su un piano indistinto dello stesso colore del piumaggio. L’assenza di ambientazione paesaggistica fa sì che il soggetto assuma il ruolo di essenziale motivo decorativo. La presenza della fascia superiore di colore rosso a delimitare lo spazio lascia supporre che l’uccellino decorasse un quadretto o un pannello a fondo scuro, incluso forse in un riquadro più ampio. Nel corso del I secolo d.C. era assai diffuso il motivo decorativo a figure zoomorfe, specialmente piccoli volatili, inseriti in partizioni monocrome delle pareti, o al centro di pannelli o poggianti su una linea di demarcazione dei pannelli stessi o su motivi vegetali appena accennati.
In queste due gallerie vi mostriamo le immagini di reperti molto particolari, custoditi presso il Deposito del Museo Manlio Trucco di Albisola Superiore. Si tratta di una serie di frammenti di intonaco dipinto ad affresco appartenenti ad una decorazione a girali con foglie di acanto e fiori, di colore bianco con tracce di rosa e azzurro, su fondo verde-turchese. Si trattava di una decorazione orizzontale, racchiusa tra una fascia nera e un bordo bianco, per una altezza complessiva nota di 26 centimetri. Ne sono stati rinvenuti, durante gli scavi all’interno della vasca circolare della piscina termale nel 1881, numerosi frammenti di varie dimensioni. Qui vengono proposti i più significativi. Si ritiene che il fregio dovesse correre lungo la parte alta della parete dell’ambiente quadrangolare che ospitava la piscina e molto probabilmente articolarsi superiormente con il rivestimento a stucco scanalato della copertura. La pittura è stesa su una consistente preparazione di malta, che raggiunge in certi casi anche i 5-6 cm di spessore, avente come supporto tegoloni privati di alette, ossia dei loro bordi sporgenti. L’adesione della malta al tegolone era favorita dalla presenza di grappe in ferro. Come si osserva nelle immagini ravvicinate, le linee circolari dei girali sono state eseguite prima con una incisione a compasso. La stessa tecnica è stata utilizzata per tracciare le linee orizzontali. Al centro di ogni girale è presente un fiore in bocciolo bianco con pennellature rosa o azzurre. La decorazione a girali di questa tipologia e dimensione, come ornamento della parte alta delle pareti, è molto frequente nel corso del I e del II secolo d.C., con confronti anche nel secolo successivo sia nella pittura che negli stucchi. Il fregio della villa di Alba Docilia, in base a determinate caratteristiche stilistiche, si data alla seconda metà del I secolo d.C.
IPOTESI DI RICOSTRUZIONE DEL FREGIO
Ricostruzione grafica del fregio dipinto a girali (da Bulgarelli F., Albisola Superiore (SV), La villa romana di Alba Docilia: recenti indagini, in Verzàr-Bass M., a cura di, Abitare in Cisalpina. L’edilizia privata nelle città e nel territorio in età romana, II, p. 750, Trieste 2001).
IL FREGIO VISTO DA LONTANO
IL FREGIO VISTO DA VICINO
INTONACO DIPINTO POLICROMO
Materiale: intonaco dipinto ad affresco
Datazione: I secolo d.C.
Dove si trovano ora: Deposito del Museo della Ceramica Manlio Trucco, Albisola Superiore
In questa galleria abbiamo deciso di raggruppare una serie di frammenti di intonaco dipinto accomunati da una caratteristica particolare: non si tratta di parti di affreschi di pareti ma di soffitti. Lo sappiamo poiché gli archeologi specialisti in questo tipo di reperti hanno riscontrato che la malta di preparazione presenta caratteristiche tipiche di quella usata per rifinire i soffitti. Sono presenti inoltre, in alcuni frammenti, le tracce lasciate nella malta di preparazione dalle canne che formavano la leggera armatura posta a soffitto, atta ad ospitare appunto le preparazioni per l’intonacatura e l’affresco. Anche i motivi ornamentali rientrano, come emerso dai numerosi confronti, nel panorama stilistico tipico della decorazione dei soffitti più che delle pareti: elementi quadrangolari e diagonali, rombi, triangoli associati a elementi curvilinei, come grandi medaglioni, e losanghe.
I marmi
I reperti di marmo e pietra rinvenuti sono riconducibili alla decorazione e all’arredo architettonico di varie parti della villa. Gli archeologi ritengono che in particolare l’interno degli ambienti delle terme fossero caratterizzati dalla presenza di pareti e sedute dei gradini rivestiti in lastre marmoree di vario colore. Ne sono giunti fino a noi vari frammenti ma non in quantità e dimensioni tali da poter avanzare ipotesi sulla loro esatta collocazione. Esiste poi un gruppo di elementi in marmo bianco pertinenti a lesene con capitelli figurati con delfini affrontati, foglie di acanto e rosetta centrale. Uno di essi è diventato, in forma stilizzata, il logo di questo sito. Clicca qui per vedere subito l’immagine in 3d. I capitelli rinvenuti sono almeno quattro ma dovevano essere molti di più. Alcuni dei frammenti sono stati rinvenuti, durante gli scavi del 1972, in un’area molto circoscritta ossia nel peristilio del cortile più piccolo della pars urbana.
Adornavano con ogni probabilità il porticato (clicca qui per vedere il disegno schematico con ipotesi di collocazione), scandendo lo spazio della parete interna in corrispondenza delle colonne del peristilio. Alcuni frammenti di analoga tipologia sono stati rinvenuti anche nella zona delle terme. La presenza del tema acquatico trovava nella villa di Alba Docilia una duplice ragion d’essere: la presenza dell’area termale e il carattere litoraneo del complesso residenziale. Piccole lastre di marmo ed elementi in breccia di vario colore sono pertinenti a pavimenti e rivestimenti parietali in opus sectile.
Una testimonianza, infine, di un elegante rivestimento è rappresentata dai frammenti di lastrine in marmo cosiddetto palombino con decorazione incisa a motivi fitomorfi.
LESENA E CAPITELLI DI LESENA
Materiale: marmo lunense
Datazione: I-II secolo d.C., fino al III sec.
Misure: larghezza della lesena pari a 30 cm, come la larghezza alla base del capitello
Dove si trovano ora: Depositi Soprintendenza, Genova
Note: capitelli rinvenuti frammentari,
ricomposti. Lesene rinvenute frammentarie, una ricomposta.
I forellini visibili sulla superficie dei capitelli erano i punti di incastro di elementi metallici, con scopo decorativo, cromatico e di dettaglio che certamente dovevano risaltare moltissimo sul chiarore del marmo. Il retro di alcuni dei capitelli presenta una superficie appena sbozzata e grezza, per favorire l’adesione della malta al momento della loro applicazione alla parete portante anche attraverso grappe in ferro.
FRAMMENTI DI LASTINA A NERVATURE INCISE
Materiale: marmo palombino
Datazione: I-II secolo d.C.
Misure: spessore massimo dei frammenti 5 mm
Dove si trovano ora: Deposito del Museo della Ceramica Manlio Trucco, ALbisola Superiore
Sfortunatamente sono pochi i frammenti giunti fino a noi di questo bellissimo rivestimento di marmo palombino. Le sottili e accurate incisioni riproducono i contorni di foglie ed elementi vegetali. La presenza delle nervature incise e il ridotto spessore delle lastre indicono gli archeologi a pensare che si trattasse di un rivestimento per pareti e non per pavimenti.
FRAMMENTI DI LASTINE MARMOREE DI VARIO COLORE
Materiale: marmo
Datazione: I-II secolo d.C.
Misure: spessore variabile (tra 8 e 10 mm)
Dove si trovano ora: Deposito del Museo della Ceramica Manlio Trucco, ALbisola Superiore
In questa galleria proponiamo un campione esemplificativo di frammenti di marmo di vario tipo. L’opus sectile infatti prevedeva proprio l’impiego di lastre sottili di marmo di diversi colori, ritagliate in varie forme e posizionate a formare motivi ornamentali di alto impatto cromatico, per rivestire e decorare sia pareti sia pavimenti. Alcuni dei frammenti hanno superficie lucidissima, altri opaca. In particolare i frammenti di colore rosso antico e verde antico (sembra quasi nero!!) conservano ancora sul retro abbondate traccia di una sostanza per l’adesione: sembra trattarsi di un composto a base di resina vegetale e cera d’api, detto pece greca, misto a malta e sabbia finissima. Solo analisi chimiche specifiche potranno dirci se si possa trattare dell’originario strato di preparazione di epoca romana o se ad un intervento ottocentrsco ad opera del canonico Schiappapietra che li recuerò durante gli scavi del 1881 (scopri di chi si tratta nell’approfondimento “Storia degli scavi ma non solo“).
STATUETTA
Materiale: marmo bianco a grana fine
Datazione: II secolo d.C.
Misure: h. 18,2 cm, l. 15 cm; sp. 9,9 cm
Dove si trovano ora: Deposito del Museo della Ceramica Manlio Trucco, Albisola Superiore
Merita infine di essere menzionato l’unico esempio di statuaria rinvenuto, ossia una statuetta mutila in marmo bianco a grana fine. Nel collo è ancora visibile il foro per l’inserimento della testa. E’ stata portata alla luce durante i recuperi di fine 1800 e non abbiamo notizie certe sul suo preciso contesto di rinvenimento ma è verosimile appartenesse all’arredo mobile della dimora. Interessante notare come il manufatto presenti ancora tracce di colore rosso/arancio sul mantello. La statuetta, in base ai confronti iconografici, potrebbe raffigurare Ganimede, il coppiere degli dei, il cui mito è stato ripreso più volte nell’arte figurativa di epoca romana. Era raffigurato come un giovinetto nudo con le spalle e la schiena coperte da un mantello, insieme a Zeus in forma di aquila posizionata o alle sue spalle nell’atto di rapirlo, o posata a terra cinta dal braccio di Ganimede stesso. La nostra statuetta, sebbene mutila, presenta una postura compatibile con questa iconografia. La mancanza di rifinitura del mantello sul lato posteriore potrebbe appunto suggerire la presenza di un ulteriore elemento scultoreo connesso andato perduto, come potrebbe essere appunto l’aquila.
Gli stucchi
I grandi frammenti di stucchi rinvenuti sono importanti non solo per un motivo puramente estetico ma anche tecnico-funzionale. Si tratta quasi sicuramente di frammenti appartenenti alla copertura di ambienti delle terme: sappiamo infatti, in base a numerosi confronti, dove le volte sono perfettamente conservate, che i locali termali dove c’era molto calore e umidità erano dotati di coperture caratterizzate dalla presenza di una superficie interna articolata in scanalature regolari e parallele tra loro.
Ottenute attraverso l’abile lavorazione delle malte e dello stucco, tali curvature della superficie funzionavano come canale di scolo per la condensa in modo da farla defluire facilmente lungo le pareti evitando così lo sgocciolamento dal soffitto.
STUCCO BIANCO CON SCANALATURE
Materiale: laterizio, intonaco, stucco
Datazione: I secolo d.C.
Dove si trovano ora: Deposito del Museo della Ceramica Manlio Trucco, Albisola Superiore
Come si osserva nelle immagini degli esempi qui proposti, i frammenti di copertura conservano intatto il supporto: si tratta di tegole (embrici) private di alette, ossia dei loro bordi sporgenti, sulle quali venivano fatti aderire, anche grazie all’uso di elementi in ferro, gli strati di malta che erano poi sagomati per ottenere le scanalature. L’ultima immagine della galleria è un eloquente confronto con la copertura perfettamente conservata di uno dei locali delle Terme del Foro di Ercolano.
I mosaici
Anche i pavimenti concorrono alla caratterizzazione dei diversi ambienti di un’abitazione secondo l’uso a cui erano destinati riflettendo la cultura, la moda e la classe sociale di coloro che la possedevano.
In età romana imperiale infatti non esisteva villa o domus patrizia senza mosaici. Anche con decorazioni molto semplici e a tessere bianche e nere, il mosaico era una costante tra i rivestimenti pavimentali.
Così come erano variamente utilizzati i sectilia, è certo che la villa avesse anche una serie di vani e ambienti pavimentati a mosaico.
Alcuni frammenti giunti fino a noi e confluiti nella collezione Schiappapietra, provengono dai recuperi di fine Ottocento nell’area della piscina circolare mentre la maggior parte di essi si trova oggi presso i depositi genovesi della Soprintendenza ed è stata trovata durante le indagini condotte negli anni Settanta e alla fine degli anni Novanta in particolare nella zona nord dell’area residenziale. Inoltre il rinvenimento anche a sud rispetto alle strutture romane fino ad allora note, di numerosissime tessere in calcare bianco/grigiastro potrebbe lasciar supporre la presenza di ambienti pavimentati a mosaico anche nella parte meridionale della villa.
MOSAICO
Materiale: calcare, malta
Datazione: I secolo d.C.
Dove si trovano ora: Deposito del Museo della Ceramica Manlio Trucco, Albisola Superiore
I frammenti di mosaico giunti fino a noi si presentano formati da un consistente strato di preparazione di malta fine e tenace con presenza di inclusi sparsi in cui sono immerse le tessere. Come si nota dalle foto di dettaglio, queste hanno la faccia esposta di forma quadrata più o meno regolare ma altezze variabili: in alcuni punti infatti le tessere, specialmente quelle di colore nero, sono alte fino a 2 cm e profondamente immerse nello strato di preparazione. La disposizione, sebbene non sempre regolare, sembra ricondurre a motivi decorativi di tipo geometrico o a bordure e cornici.